sabato 4 gennaio 2014

Alessandro Del Piero dà un bel 10 a Birindelli



Alessandro Del Piero non ci ha pensato due volte e ha dedicato il posto più alto della sua personale classifica dei migliori sportivi del 2013 ad Alessandro Birindelli, suo ex compagno di squadra della Juventus e attuale tecnico delle squadre giovanili del Pisa.
Il motivo di questo posto d’onore? Durante una partita di campionato di calcio, dopo aver ripreso i genitori dei giocatori che non la smettevano di litigare in tribuna, ha radunato i suoi piccoli atleti di 11 anni e insieme si sono incamminati verso l’uscita, costretti a dare agli adulti il buon esempio di un ottimo comportamento educativo, anche se questo voleva dire, secondo le regole della Federcalcio, la perdita della partita a tavolino.


Ma partiamo dal fatto, simile ai molti che si verificano (e purtroppo si tollerano) durante i campionati giovanili di calcio: un giocatore sbaglia un tiro, in tribuna un genitore grida “Levalo!”, l’altro si sente offeso e risponde, e da lì in poi nessuno dei due riesce più a fermarsi. Partono insulti, grida, comportamenti anti-sportivi, cattivo esempio e i genitori diventano i veri protagonisti della giornata calcistica, anche se in negativo…

Birindelli però non ci stava e si è fermato, ha provato a responsabilizzarli, li ha esortati a gestire le proprie emozioni così come fa con i loro figli, li ha avvisati che se non si calmavano, loro non ci stavano a tollerare un comportamento anti-sportivo. Ma i genitori non si sono calmati, non si sono responsabilizzati e il Mister ha fatto quello che qualsiasi buon educatore dovrebbe fare: non ha partecipato al litigio ma nemmeno ha lasciato correre, decidendo su due piedi di dare semplicemente il buon esempio, perché in gioco c’era molto di più di una partita di campionato Esordienti.

In gioco c’era l’educazione con la quale, attraverso lo sport, si insegna ai bambini a vivere la vita con coraggio e rispetto. Lo sport è uno dei mezzi educativi più potenti per sostenere i giovani nella crescita, perché possano fare esperienza di vita in un modo sano e in un ambiente sano. Esso stimola ad impegnarsi, a migliorarsi, a mettersi alla prova, ad allenare il coraggio, a pensare, valutare, agire, a stringere sani rapporti sociali, a raggiungere gli obiettivi, ad avere fiducia, a rispettare le regole, ad assumersi la responsabilità, ad acquisire autonomia, a comportarsi in modo corretto e giusto, a crescere in modo sano ed equilibrato. Credo che nessun genitore, nessun allenatore, nessun educatore sarebbe in disaccordo con questa lista.

Ma ciò che non si dovrebbe mai perdere di vista è la capacità di gestire con efficace il proprio ruolo all’interno di questo circolo virtuoso, in cui al centro c’è il nostro piccolo atleta, nostro figlio, e attorno ruotano allenatori, preparatori, compagni, ambiente sportivo e naturalmente genitori. Ed ecco le regole di base: tutti questi elementi devono essere in equilibrio, tutti devono andare nella stessa direzione, tutti devono svolgere con responsabilità il proprio ruolo.

In questo importante contesto educativo che è la partita di calcio del campionato, un genitore non dovrebbe mai dimenticare che non sta solo guardando una partita, ma sta insegnando qualcosa di importante al proprio figlio (e ai figli degli altri): deve solo decidere che cosa vuole veramente trasmettergli, e prendersi la responsabilità di questo. Se un genitore non tollera la frustrazione, o non si controlla di fronte ad una prevaricazione, quale insegnamento trasmetterà al figlio? Il bambino non diventerà più sicuro di sè, più rispettoso o più bravo solo perché gli diciamo di esserlo. Dobbiamo fargli vedere con l’esempio cosa significa, esattamente come ha fatto Birindelli, perché questo fa parte del nostro importantissimo ruolo di educatori.

Diventa quindi di fondamentale importanza non reagire di fronte alle minacce esterne con comportamenti anti-sportivi perché nostro figlio sta guardando, sta assorbendo, sta imparando da noi come ci si comporta di fronte alle difficoltà. Altrimenti come potremo chiedere poi ai nostri figli di comportarsi in modo corretto se siamo stati i primi a non aver saputo mettere in atto questo comportamento nel momento in cui serviva?
I bambini non imparano ad essere tenaci, lottatori giusti, a raggiungere obiettivi e stare bene nel contesto sociale in modo casuale. Lo imparano perché qualcuno gli insegna a controllare le proprie emozioni, a comportarsi civilmente, a giocare semplicemente al gioco del calcio con i propri compagni nel rispetto di tutti, avversario o genitore maleducato compresi, esprimendo sul campo il diritto di imparare dai propri errori.

Ed è questa la parte più difficile, la nostra sfida che ci viene lanciata nell’assumere questo ruolo e nel cercare di portarlo avanti nel migliore dei modi: di che cosa ho bisogno per riuscire ad insegnare a mio figlio con il mio esempio sportivo a comportarsi bene, anche quando qualcuno mi pungola a dare il peggio di me? Mio figlio mi guarda, mi ascolta, mi copia, come posso insegnargli il comportamento più giusto per lui (e non per me) nonostante gli imprevisti e le difficoltà? E che cosa devo fare (e non fare), dire (e non dire) per trasmetterglielo?

In fiduciosa attesa di vedere tribune piene di buoni esempi educativi, accontentiamoci per il momento di questo spettacolare Mister dalla mente aperta e dal cuore coraggioso, che si merita anche un bel 10 in educazione sportiva…


Micaela Deguidi                    

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