mercoledì 17 ottobre 2012

Mission Impossible


Felix Baumgartner
si lancia dalla stratosfera

Domenica guardando il tg sembrava quasi di essere al cinema, con James Bond che ci divertiva con una nuova e strepitosa (quanto cinematografica) impresa impossibile. Invece quell’omino dentro una tuta spaziale che si lanciava nel vuoto da un inquietante cielo grigio a quasi 40 km dalla nostra testa, non stava mica scherzando!

La missione sembrava impossibile: lanciarsi dallo spazio da oltre 39 km di distanza, superare la barriera del suono, toccare la terra vivo e vegeto, e il tutto senza l’ausilio di un qualsiasi velivolo.


Lo scopo della missione era di quelli che cambiano la vita a tutti: migliorare la conoscenza scientifica delle reazioni del corpo umano esposto alle condizioni estreme di un ambiente al confine con lo spazio. Sicuramente un’impresa nobile, ma tanto bella quanto pericolosa.

Eppure Felix Baumgartner, 43 anni di vita vissuta con emozioni estreme, questa volta ha provato a superare un limite che non dimenticherà più. L’impresa non era ancora riuscita a nessuno, i rischi erano calcolati ma come ogni nuova impresa, non si può sapere cosa accadrà fino alla fine.

Certo il team di ingegneri, i suoi coaches, che insieme a lui e ai numerosi collaboratori hanno progettato la missione per 5 lunghi anni, hanno cercato di garantire a Felix la missione migliore, la più controllata, la più sicura, ma nemmeno loro avevano la certezza di cosa sarebbe accaduto davvero.

I rischi erano altissimi: le onde d’urto potevano letteralmente far esplodere il corpo, oppure potevano farlo roteare fino a distruggergli la circolazione del sangue e ucciderlo. Poteva anche essere che i gas corporei, se la depressurizzazione non fosse stata fatta a regola d’arte, bollissero letteralmente o esplodessero.

Potevano penalizzarlo le radiazioni ultraviolette alle quali si è esposto, una quantità 100.000 volte superiore che sul suolo terrestre. Poteva anche essere che qualche dispositivo non funzionasse bene, che il paracadute non facesse la sua al momento giusto, che la tuta non fosse perfetta, oppure….che Felix perdesse semplicemente il controllo di sé.

Sicuramente l’atleta Felix non ha lasciato niente al caso: allenamenti di forza fisica, di resistenza, di acquisizione di nuove abilità necessarie per la specifica e straordinaria impresa, apprendimento delle tecniche necessarie per la sopravvivenza con qualsiasi evenienza. Ma questo non era ancora sufficiente: come ogni atleta che sfida sé stesso a superare i propri limiti, sicuramente Felix ha allenato per 5 lunghissimi anni anche le sue abilità mentali.

Altrimenti come avrebbe potuto non pensare di interrompere la missione quando si è presentato il difetto dell’alimentatore del visore che si annebbiava? Eppure Felix ha valutato con oggettività e soggettività la situazione, e deciso che si poteva procedere. Poteva sbagliare la valutazione per perdita di controllo delle sue emozioni, lasciare spazio all’impazienza di vivere un’impresa già rimandata molte volte nel tempo, l’ultima volta solo una settimana prima. Invece l’uscita dalla capsula spaziale è stata comunque perfetta.

Come avrebbe potuto non impazzire di paura, dopo un lancio nel vuoto da 39045 metri toccando una velocità di 1342 km/h, nel sentirsi roteare sempre più forte dopo l’impatto con l’atmosfera. Come avrebbe potuto non farsi prendere dal panico in quel momento in cui non c’erano dispositivi ad aiutarlo, interventi esterni a salvarlo e l’unica cosa che potesse fare era riprendere il controllo di sé, senza nemmeno avere le esatte istruzioni per la gestione di una emozione così forte, travolgente, impensabile?

Invece Felix non ha mollato, non si è lasciato andare, ha ripreso il controllo, ha dato prova di sapere gestire l’elemento più difficile in un’impresa impossibile: le sue più profonde paure. “Ho pensato che avrei girato solo poche volte, ma poi la velocità di rotazione è aumentata. Ad un certo punto è stato davvero brutale. Ho pensato che presto avrei perso conoscenza. Non ho sentito il bang sonico perché ero troppo concentrato a cercare di stabilizzarmi.” “E’ stato più duro di quanto avessi mai pensato”.

Felix è atterrato nel deserto del New Mexico, con il suo paracadute bianco che si stagliava nel nulla. Ha vinto la sfida contro il tempo e tutti ci ricorderemo di quel piccolo puntino bianco nel cielo che precipitava come una meteora.

Solo Felix sa quanto sia stato duro controllare il panico e finire leggero leggero sul suolo del deserto, con un sorriso che faceva apparire la cosa come una questione semplice, facile, quasi di poco conto.

Quando tutto appare giusto, quando le condizioni climatiche sono ideali, la tuta spaziale perfetta, i calcoli matematici esatti, la preparazione tecnica la migliore, ciò che fa la differenza in un atleta e in un campione sono la sua mente ed il suo cuore, allenati a gestire imprevisti e a trovare nuove soluzioni, spesso in piena rotazione emotiva.

Micaela Deguidi

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