Felix Baumgartner si lancia dalla stratosfera |
Domenica guardando il tg sembrava quasi di
essere al cinema, con James Bond che ci divertiva con una nuova e strepitosa
(quanto cinematografica) impresa impossibile. Invece quell’omino dentro una
tuta spaziale che si lanciava nel vuoto da un inquietante cielo grigio a quasi 40 km dalla nostra testa, non
stava mica scherzando!
La missione sembrava impossibile: lanciarsi
dallo spazio da oltre 39 km
di distanza, superare la barriera del suono, toccare la terra vivo e vegeto, e
il tutto senza l’ausilio di un qualsiasi velivolo.
Lo scopo della missione era di quelli che
cambiano la vita a tutti: migliorare la conoscenza scientifica delle reazioni
del corpo umano esposto alle condizioni estreme di un ambiente al confine con
lo spazio. Sicuramente un’impresa nobile, ma tanto bella quanto pericolosa.
Eppure Felix Baumgartner, 43 anni di vita
vissuta con emozioni estreme, questa volta ha provato a superare un limite che
non dimenticherà più. L’impresa non era ancora riuscita a nessuno, i rischi
erano calcolati ma come ogni nuova impresa, non si può sapere cosa accadrà fino
alla fine.
Certo il team di ingegneri, i suoi coaches,
che insieme a lui e ai numerosi collaboratori hanno progettato la missione per
5 lunghi anni, hanno cercato di garantire a Felix la missione migliore, la più
controllata, la più sicura, ma nemmeno loro avevano la certezza di cosa sarebbe
accaduto davvero.
I rischi erano altissimi: le onde d’urto
potevano letteralmente far esplodere il corpo, oppure potevano farlo roteare
fino a distruggergli la circolazione del sangue e ucciderlo. Poteva anche
essere che i gas corporei, se la depressurizzazione non fosse stata fatta a
regola d’arte, bollissero letteralmente o esplodessero.
Potevano penalizzarlo le radiazioni
ultraviolette alle quali si è esposto, una quantità 100.000 volte superiore che
sul suolo terrestre. Poteva anche essere che qualche dispositivo non
funzionasse bene, che il paracadute non facesse la sua al momento giusto, che
la tuta non fosse perfetta, oppure….che Felix perdesse semplicemente il
controllo di sé.
Sicuramente l’atleta Felix non ha lasciato
niente al caso: allenamenti di forza fisica, di resistenza, di acquisizione di
nuove abilità necessarie per la specifica e straordinaria impresa,
apprendimento delle tecniche necessarie per la sopravvivenza con qualsiasi
evenienza. Ma questo non era ancora sufficiente: come ogni atleta che sfida sé
stesso a superare i propri limiti, sicuramente Felix ha allenato per 5
lunghissimi anni anche le sue abilità mentali.
Altrimenti come avrebbe potuto non pensare
di interrompere la missione quando si è presentato il difetto dell’alimentatore
del visore che si annebbiava? Eppure Felix ha valutato con oggettività e
soggettività la situazione, e deciso che si poteva procedere. Poteva sbagliare
la valutazione per perdita di controllo delle sue emozioni, lasciare spazio
all’impazienza di vivere un’impresa già rimandata molte volte nel tempo,
l’ultima volta solo una settimana prima. Invece l’uscita dalla capsula spaziale
è stata comunque perfetta.
Come avrebbe potuto non impazzire di paura,
dopo un lancio nel vuoto da 39045
metri toccando una velocità di 1342 km/h , nel sentirsi
roteare sempre più forte dopo l’impatto con l’atmosfera. Come avrebbe potuto
non farsi prendere dal panico in quel momento in cui non c’erano dispositivi ad
aiutarlo, interventi esterni a salvarlo e l’unica cosa che potesse fare era
riprendere il controllo di sé, senza nemmeno avere le esatte istruzioni per la
gestione di una emozione così forte, travolgente, impensabile?
Invece Felix non ha mollato, non si è
lasciato andare, ha ripreso il controllo, ha dato prova di sapere gestire
l’elemento più difficile in un’impresa impossibile: le sue più profonde paure.
“Ho pensato che avrei girato solo poche volte, ma poi la velocità di rotazione
è aumentata. Ad un certo punto è stato davvero brutale. Ho pensato che presto
avrei perso conoscenza. Non ho sentito il bang sonico perché ero troppo
concentrato a cercare di stabilizzarmi.” “E’ stato più duro di quanto avessi
mai pensato”.
Felix è atterrato nel deserto del New
Mexico, con il suo paracadute bianco che si stagliava nel nulla. Ha vinto la
sfida contro il tempo e tutti ci ricorderemo di quel piccolo puntino bianco nel
cielo che precipitava come una meteora.
Solo Felix sa quanto sia stato duro
controllare il panico e finire leggero leggero sul suolo del deserto, con un
sorriso che faceva apparire la cosa come una questione semplice, facile, quasi
di poco conto.
Quando tutto appare giusto, quando le
condizioni climatiche sono ideali, la tuta spaziale perfetta, i calcoli
matematici esatti, la preparazione tecnica la migliore, ciò che fa la
differenza in un atleta e in un campione sono la sua mente ed il suo cuore,
allenati a gestire imprevisti e a trovare nuove soluzioni, spesso in piena
rotazione emotiva.
Micaela Deguidi
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