Matt Biondi |
Alle
Olimpiadi di Seul nel lontano 1988, dopo le prime due gare di nuoto del
promettente atleta americano Matt Biondi, nessuno avrebbe puntato su di lui per
le successive cinque gare. L’atleta di talento
era stato selezionato e preparato con cura per ripetere ed eguagliare le
prestazioni eccezionali di Mark Spitz alle Olimpiadi del 1972: vincere sette
medaglie d’oro olimpiche in una stessa edizione. Ma Biondi, vuoi per la
tensione, vuoi per le aspettative elevate, vuoi per i riflettori troppo
luminosi puntati su di lui, ottenne un deludente terzo posto nella prima gara e
perse malamente l’oro nella seconda, rilassandosi troppo nella fase finale,
dimostrando così molta umanità.
Nessuno
si risparmiò nel manifestare la propria delusione per le prestazioni di questa
stella promettente del nuoto: i giornalisti si accanirono, gli americani
disapprovarono, gli allenatori nascosero la delusione dentro il silenzio. Ma
c’era un uomo tranquillo seduto sulla sua poltrona di casa, rilassato e
assolutamente sicuro che Matt ce l’avrebbe fatta: avrebbe reagito al fallimento
tirando fuori i suoi migliori risultati e vincendo le successive cinque gare d’oro
olimpico.
Quest’uomo
era il Dottor Martin Seligman, inventore della teoria dell’impotenza appresa,
futuro creatore del movimento di quella psicologia positiva che avrebbe
rivoluzionato il concetto di benessere, felicità e resilienza tanto cari ai giorni nostri. Il
Dottor Seligman era più che certo che l’atleta da lì in poi avrebbe dato i suoi
migliori risultati perché Matt era stato allenato per reagire alla sconfitta e
aveva dimostrato di possedere questa grande capacità. Il modo ottimistico con
cui si spiegava le avversità gli permetteva di migliorare le proprie prestazioni
dopo un fallimento. E Matt Biondi vinse le successive gare conquistando cinque
ori olimpici, nonostante le condizioni psicologiche avverse ed i pochi tifosi
rimasti.
Questo
fu, per il Dottor Seligman ed il suo team, uno dei primi esperimenti che essi
applicarono nel mondo sportivo e relativo all’importanza delle spiegazioni
ottimistiche agli eventi negativi. Fu in grado di dimostrare, con tecniche
statistiche e metodologie scientifiche, che l’ottimismo influenza il nostro
rendimento e che mente ed emozioni possono
essere allenate per darci migliori risultati e più benessere. La squadra di
Seligman dimostrò, nel lontano 1988, che gli atleti ottimisti tendono a migliorare
le proprie prestazioni in situazioni di forte tensione e questo perché, rispetto
ai pessimisti, si impegnano maggiormente ed hanno la capacità di riprendersi velocemente
dalle sconfitte. Ma che cos’è l’ottimismo? E cosa determina il fatto di essere
persone ottimiste o pessimiste?
Nel
1975 Seligman scoprì, grazie ad alcuni esperimenti, che il modo in cui ci
spieghiamo gli eventi che ci accadono può determinare il nostro livello di
prestazioni e il nostro impegno nell’ottenerle. Scoprì anche che pensare di non
avere un controllo sugli eventi può portare ad
un senso di impotenza che non ci fa reagire neanche quando potremmo fare
qualcosa per cambiare la situazione. La percezione del controllo personale
rappresenta quindi una condizione essenziale per agire sulla realtà e cambiare
le situazioni in meglio.
Il
Dottor Seligman sperimentò che, una volta appreso di non avere un controllo,
una persona può darsi per vinta e non provare più a cambiare la situazione,
dando così un nome a quell’atteggiamento di sconfitta che può portare, nella
peggiore delle ipotesi, verso i sintomi depressivi: stile pessimistico di
spiegazione degli eventi. Chi tende a spiegarsi gli eventi negativi in modo pessimista
tenderà a lasciare la partita, a non trovare nuove modalità risolutive del
problema, a darsi per vinto, a peggiorare le proprie prestazioni. Al contrario,
chi tende a spiegarsi gli eventi con ottimismo, percepirà le situazioni
difficili sempre sotto il suo controllo, dando vita a tentativi nuovi di
problem solving che salveranno la sua autostima, il suo autocontrollo, la sua
efficacia nel mondo.
Non
solo, si scoprì anche che lo stile in cui ci spieghiamo gli eventi negativi
dipende quasi completamente dall’apprendimento: non nasciamo ottimisti o
pessimisti, ma per la maggior parte impariamo dai nostri modelli di vita come
comportarci con gli eventi che ci capitano. Da quegli studi, Martin Seligman
capì che, come il pessimismo impotente può essere appreso, così l’ottimismo può
essere insegnato e le persone possono avere più potere nello scegliere il
proprio modo di pensare, dando una speranza di vita migliore e di soddisfazione
personale anche ai pessimisti. Questo non vuol dire che il pessimismo sia
dannoso, anzi: un livello lieve ed utilizzato con saggezza ha una propria
utilità. Ma quando il pessimismo paralizza il cervello prima ancora dei muscoli,
ha inizio il nostro triste percorso verso una parziale felicità ed un parziale
utilizzo delle nostre migliori risorse. Se vogliamo avere pieno successo nella
vita, iniziamo ad allenare la nostra mente ed i nostri pensieri, perché essi
decidono la nostra direzione e la nostra azione. Il Dottor Seligman ci ha
insegnato che cambiare prospettiva non è poi così impossibile con il giusto allenamento mentale….ottimista.
Micaela
Deguidi
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